Rivalutazione rendita catastale: cos’è e come funziona

Conoscere la rendita catastale aggiornata serve a calcolare la base imponibile di tasse e imposte di una proprietà immobiliare

Quanto vale in termini fiscali il tuo patrimonio immobiliare

Conoscere la rendita catastale del proprio immobile è molto utile per calcolare la base imponibile dei vari tipi di tasse e imposte sugli immobili quali l’IRPEF, l’IMU, ma anche l’imposta di successione e donazione, e le imposte sulla compravendita. Purtroppo, molto spesso, quando si effettua la visura catastale il valore non è aggiornato, pertanto è necessaria una rivalutazione della rendita catastale.

Cos’è la rendita catastale?

In Italia, la rendita catastale, sostanzialmente, è il valore attribuito, con finalità fiscali, a tutti gli immobili registrati al Catasto in grado di produrre o generare reddito. A partire da questa e dalla categoria, è quindi possibile calcolare il valore catastale di un immobile.

Ogni unità immobiliare, pertanto, ha la propria rendita catastale (tranne gli immobili a destinazione particolare come stazioni ferroviarie, aeroporti, chiese, luoghi di culto, ecc…) stimata sulle sue caratteristiche (superficie, numero di locali, ecc.) e sul suo ambiente, che serve come punto di partenza per la riscossione della ritenuta d’acconto immobiliare e permette di definire il reddito immobiliare per determinare la base imponibile su cui calcolare determinate imposte.

Si tratta di un reddito fittizio che corrisponde al reddito netto medio normale che l’immobile porterebbe al suo proprietario in un anno, se fosse locato, quindi rappresenta il valore locativo netto medio di un anno al momento di riferimento.

Perché bisogna fare la rivalutazione della rendita catastale?

Con il tempo, il proprio patrimonio immobiliare può cambiare. I miglioramenti apportati ad un’abitazione a seguito di ristrutturazione (riscaldamento centralizzato, doppi servizi, domotica, ecc.), la sua riqualificazione energetica, il suo comfort abitativo ne migliorano notevolmente anche la rendita catastale, occorre quindi fare una rivalutazione rendita catastale. Se queste modifiche sono state dichiarate – normalmente sono obbligatorie – tale reddito viene aumentato, così come l’imposta risultante.

Si pensi ad una grande villa o un casale, divisi successivamente in piccoli nuovi appartamenti completamente ristrutturati e rimodernati per i quali il proprietario intasca diversi affitti, se queste opere non sono state dichiarate, i proprietari non pagano l’equa tassa sul loro patrimonio.

Come si calcola

Per calcolare il valore catastale (detto anche rendita catastale rivalutata) di un immobile bisogna partire dalla rendita catastale e dalla categoria. Individuare la categoria catastale di un immobile è fondamentale in quanto, a seconda della destinazione d’uso,  ognuna determina una rendita diversa e, di conseguenza, una tassazione differente (basti pensare al calcolo dell’IMU).

Questo valore si ottiene moltiplicando la rendita catastale per un coefficiente prestabilito che varia in relazione alla destinazione d’uso dell’immobile e alla categoria catastale di appartenenza.

Le categorie catastali indicano la destinazione d’uso degli immobili inseriti all’interno del perimetro di una città, sono suddivise in più gruppi e contraddistinte da una lettera dell’alfabeto:

  • Immobili a destinazione ordinaria: Gruppi A (unità ad uso residenziale come alloggi, uffici privati), B (immobili per usi collettivi come scuole, uffici pubblici, ospedali), C (immobili destinati ad attività commerciali o artigianali che appartengono a privati)
  • Immobili a destinazione speciale: Gruppo D (stabilimenti industriali, alberghi, cinema, teatri)
  • Immobili a destinazione particolare: Gruppo E (aeroporti, porti, stazioni autobus, stazioni ferroviarie, edicole, chiese)
  • Entità urbane: Gruppo F (lastrici solari, fabbricati non abitabili o agibili)

Ad oggi, la rendita tutti gli immobili ricompresi nei gruppi A, C, D ed E è rivalutata del 5%, mentre quelli del gruppo B al 40%.

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